Consiglio pastorale: tra profezia e strategia
IL CONSIGLIO PASTORALE TRA PROFEZIA E STRATEGIA
Tutti gli organismi di partecipazione promossi da qualsiasi realtà e istituzione soffrono di alcuni limiti, e il più delle volte l’esito di tali organismi non è mai all’altezza del compito che si è dato. Ci sono tanti fattori che concorrono alla riduzione drastica della potenzialità che volevano esprimere: ci sono questioni procedurali, organizzative, ci sono dipendenze da altri ordinamenti che i medesimi organismi non possono cambiare (pensiamo al diritto canonico, o al regolamento di una scuola rispetto ad un consiglio di classe), ci sono poi dinamiche relazionali che a volte ostacolano la iscussione… insomma, GLI ORGANISMI DI PARTECIPAZIONE PORTANO DENTRO DI SÉ LA COMPLESSITÀ CHE ABITIAMO. Ciò che poi aiuta a creare un clima di disaffezione e di scoraggiamento è il fatto che si fatichi a ritrovare cambiamenti significativi e quale è stato il contributo del singolo consigliere.
Siamo alla vigilia del rinnovo dei Consigli Pastorali e, soprattutto per persone adulte, la domanda è: “PERCHÉ STAVOLTA DOVREBBE FUNZIONARE?”
Provo a descrivere possibili indicatori per la vita di un Consiglio Pastorale, affinché la profezia che è chiesta alla Chiesa tutta, cioè quella parola che sa dire dove il Signore è presente oggi, dove lo incontriamo e come questo incontro può farci vivere un’esperienza di salvezza, possa avverarsi.
1. IL PRIMO INDICATORE È IL TEMPO
Un Consiglio Pastorale funziona se chi vi partecipa riconosce che ci vuole tempo per questo ruolo, tempo di riflessione, di ascolto, di preghiera, quindi tempo oltre quello che richiede il calendario delle sedute del Consiglio Pastorale; è un tempo che non solo bisogna mettere in conto di riservare, ma è anche un tempo che va richiesto, soprattutto per gli incontri annuali del Consiglio Pastorale (scusate la concretezza del conto
matematico: se un Consiglio Pastorale composto da 30 persone si trova 5 volte l’anno per due ore, il tempo a disposizione sarà di 10 ore, 600 minuti, ovvero ciascuno ha 4 minuti di tempo a seduta per parlare, pochi per articolare un intervento; ma poi oltre all’ascolto bisogna avere il tempo per discutere e per giungere a delle conclusioni… insomma, se una persona può parlare per due minuti ogni volta è tanto!
2. IL SECONDO INDICATORE È LA CONOSCENZA E FAMILIARITÀ TRA I CONSIGLIERI
Il Consiglio Pastorale è un luogo dove alcune persone si ritrovano per parlare e confrontarsi. Si capiscono? Si rispettano? Si vogliono bene? Sanno distinguere tra la persona e il contenuto dell’intervento? Spesso capita che appena un consigliere apre bocca altri sanno già quello che vuole dire e hanno pronta la replica. Sono dinamiche umane quotidiane, non possiamo far finta che non esistano. Ciò che può permettere una maggiore armonia è la conoscenza sia personale che del compito che si ha nella comunità.
3. IL TERZO INDICATORE È IL METODO DI LAVORO
Il metodo è ciò che ci pone tutti sullo stesso piano, con gli stessi strumenti a disposizione; questo facilità l’incontro tra persone differenti che non devono convincere della bontà del loro pensiero, ma devono contribuire ad un passo in avanti riconoscibile e condivisibile. Partire da un testo letto in precedenza, scandire la seduta con tempi prestabiliti, dare spazio all’ascolto attento e non giudicante, condividere il processo
decisionale, lavorare per commissioni che sappiano coinvolgere altri…. esempi di come un metodo di lavoro deve essere la concretizzazione del rispetto di ciascuno e del desiderio di costruire qualcosa insieme.
4. IL QUARTO INDICATORE RIGUARDA LA SCELTA DEI CONTENUTI
In una fase storica di “CAMBIAMENTO D’EPOCA” la scelta dei contenuti dice lo sguardo con cui guardiamo la realtà. Di cosa si deve occupare oggi una Comunità Cristiana? I temi non possono non riguardare l’evangelizzazione in una cultura secolarizzata, dentro cui la comunità cristiana si muove da “MINORANZA” ; lo sguardo dovrà essere, ad esempio, su come si dialoga con le tante espressioni “multi” presenti: cultura, religione, scelte (gli ambiti di vita indicati nel Convegno CEI di Firenze – le 5 vie del Convegno CEI di Verona…).
5. IL QUINTO INDICATORE RIGUARDA LA COMUNICAZIONE AL RESTO DELLA COMUNITÀ
Partecipare al Consiglio Pastorale significa rappresentare tutta la comunità, per cui sarà necessario moltiplicare le forme di comunicazione di quanto si sta facendo, cercando di riportare un clima di discussione seria, serena, responsabile e di condivisione tra preti e laici evitando chiacchiere e commenti che solitamente sono negativi!
6. IL SESTO INDICATORE RIGUARDA LA DECISIONE
Il criterio fondamentale è che ci sia una decisione evangelica, che mostri la scelta di stile che farebbe dire alla comunità intera “Gesù avrebbe fatto così”; se il metodo è stato rispettoso, la decisione è molto probabile che sappia rappresentare le varie posizioni messe sul tavolo del Consiglio Pastorale, e non ci sarà problema nel riconoscere che c’è qualcuno nella comunità che ha il compito di decidere.
Oggi un Consiglio Pastorale è un organismo quanto mai necessario, per la complessità che stiamo vivendo, per la fase di transizione di cui non conosciamo l’approdo, per il cambiamento di posizione della comunità cristiana nella società.